mercoledì 27 febbraio 2013

Dai diari del Cernia - L'elemento umano

Se c'è un aspetto del mio lavoro all'Hotel Cernia, che ho vissuto con difficoltà e passione, con mai pago desiderio di crescita nonostante le momentanee frustrazioni, è proprio quello legato al rapporto con i collaboratori.


Avere una "visione di ospitalità", significa in prima battuta condividerla con chi dovrebbe contribuire in modo propositivo e attivo alla sua realizzazione e quindi con tutti i collaboratori che, tanto per cominciare, dovrebbero sentirsi coinvolti e quindi "visti" e apprezzati nelle loro capacità.



Il primo scoglio quindi resta sempre il colloquio: quei maledetti 40 minuti in cui si gioca gran parte della stagione, perchè bisogna essere in grado di intuire la persona che si cela dietro curriculum e parole, le sue attitudini, la capacità di lavorare in gruppo e di credere in un progetto.
Ho spesso letto post e note sconsolate di chi, come me, nel fare selezione del personale, si scontra con una  deprimente realtà fatta di giovani affetti da sindrome di Peter Pan, ancora ampiamente mantenuti dai genitori, che interpretano quindi il lavoro come un passatempo più o meno importante, al quale dedicare il minimo sforzo per il massimo profitto, scarsamente dotati di senso di responsabilità e di dedizione al proprio mestiere e non mi sentirei di smentire la sensazione globale.


In effetti, fare selezione prima e direzione del personale poi, è un compito assai difficile perchè si intreccia indissolubilmente con un lavoro di educazione alla cultura del lavoro che le famiglie e la scuola in genere, sempre più spesso demandano o rimandano in modo deprechevole. Il settore alberghiero poi è affetto da una diffusa carenza di scolarizzazione adeguata (spesso i ragazzi giovani vengono a farsi la "stagione" al mare per consentirsi un lungo periodo di vacanze e divertimenti lontano da casa ma senza una reale e specifica preparazione in materia).


A ciò aggiungo che l'Italia soffre di un imperdonabile ritardo culturale che fa si che la maggior parte dei nostri giovani non parli lingue straniere, rendendo difficoltoso se non impossibile il contatto umano con ospiti non italiani.
Con questa premessa, va da sé, fare accoglienza oggi diventa difficile, quasi eroico, perchè ci si trova di fronte a una grande quantità di falle (mi ripeterò ma son tutte di carattere culturale) alle quali è impegnativo, a volte impensabile,  porre rimedio. Però c'è un però e si chiama l'elemento umano.


Nella mia esperienza di lavoro al Cernia, nonostante mille difficoltà, sono orgogliosa e felice di poter dire di avere incontrato "persone" capaci di condividere un ideale, un progetto, un modo di stare al mondo prima ancora che a lavoro. Non è mai stato un mistero per  nessuno dei ragazzi che hanno lavorato con me,  che io desiderassi far loro capire che al Cernia si fa prima di tutto una esperienza umana, fatta di persone, di incontri, di situazioni e che Camilla, che con noi ha lavorato lo scorso anno, ha ben sintetizzato in questo post di saluti.


Mentre qualcuno forse saprà che è proprio a questo straordinario elemento umano, fatto di persone che si sono appassionate al progetto Cernia al punto di "metterci la faccia" quando alcune recensioni su Tripadvisor lo hanno reso necessario, pochissimi sapranno che proprio grazie all'impegno assolutamente volontario dei nostri collaboratori, siamo stati in grado di allestire una zona griglia e forno a legna in giardino di tutto rispetto.




Credo che questo video più di mille parole racconti il senso del "fare" motivando un gruppo di persone, cercando di valorizzarne gli aspetti positivi, armonizzando il più possibili le criticità all'interno del gruppo. In effetti se, come credo, è molto difficile trovare persone professionalmente preparate, dotate di senso di responsabilità e devozione per il proprio lavoro, è altrettanto difficile farlo se nel selezionarle non cerchiamo di trasmettere loro la nostra passione e il nostro amore. In definitiva, non credo che la questione sia facilmente risolvibile con una scrollata di spalle affermando che i ragazzi oggi hanno poca voglia di lavorare perché, mi chiedo, se noi datori di lavoro siamo davvero in grado di stimolarli, di aiutarli a superare i proprio limiti permettendo loro di crescere  in un ambiente di lavoro  stimolante fornendo loro la possibilità di  acquisire una attitutine alla collaborazione che di fatto è indispensabile in ogni lavoro di squadra.



Io non so dirvi se sono riuscita nel mio intento, perché so di essere sempre stata una persona molto esigente (in prima battuta con me stessa) e di avere sempre chiesto moltissimo ai miei ragazzi, senza accontentarmi mai del "semplice" impegno, cercando sempre di guardare all'amore e alla cura con cui, anche nel piccolo, si facevano le cose, ma senza ombra di dubbio so dirvi che  da ognuno di essi ho imparato le lezioni più importanti che metto in valigia e che davvero, se c'è una cosa che auguro a tutti loro, è che possano rendere straordianaria la loro vita, cogliendo sempre l'attimo.


lunedì 25 febbraio 2013

Cosa metto in valigia? #unterzodelnecessario!

Mentre qui fiocca che rifiocca,



 nessuno mi toglie dalla testa che tra poco inzia la mia prima esperienza di blogtour e, sai che c'è, mi sembra primaveranelcuore. Sarà che le novità sortiscono un pò questo effetto perché sembrano sempre un risvegliarsi dopo una quiete più o meno prolungata e offrono punti di vista nuovi, inattese prospettive, eccitanti possibilità, insomma io a Siena ci vado col sole dentro.



In effetti ci vado anche col verde dentro, da quando ho avuto l'emozionante notizia che aprirò il percorso proprio dall'Orto Botanico di Siena. In quanti ne conoscevano l'esistenza? Avanti, non lasciatemi sola e spudoratamente ignorante... scommetto che qualcun'altro che non sapesse della sua eistenza si nasconde tra voi lettori. Mi vedo già passeggiare beata tra le fronde degli alberi, persa dietro qualche cespuglio a strizzare gli occhi cercando di capire se quello che si è posato lì sopra è un fringuello o piuttosto una cincia canterina, o col naso piantato in mezzo a qualche pianta  aromatica a bearmi della sua essenza mentre pregusto un suo utilizzo culinario. Si, perchè viaggiamo con noi stessi, portando in giro le nostre passioni, le inclinazioni che ci appartengono, gli sguardi che ci aiutano a conoscere il mondo: sono gli scenari che cambiano e che ci cambiano sempre un pò dentro  (anche perché, fatalmente, insieme al contesto incontriamo le persone, le loro storie i percorsi fatti fin qui).
Il programma è di tutto rispetto e mi piace l'idea che ciascuna delle tre blogger parta da un punto diverso di Siena per sviluppare un trekking urbano personale e quindi ancora più emozionante ma la voltete sapere la verità? Friggo all'idea di andare nella Contrada dell'Onda a parlare con i contradaioli, a respirare la loro passione e poi, che resti tra noi, ho scoperto che tra i personaggi ondaioli  famosi annoverano pure un papa che, visti i tempi...
Cosa metto in valigia non lo so ma scommetto che Simona, meglio di me, saprà regolarsi (è del settore, lo si capisce subito leggendola!) e mentre aspetto di ritrovare anche Elena, per quattro piacevoli chiacchiere, pregusto il mio arrivo a Borgo Grondaie e l'incontro con  la versione off line di Amina (troppi twit a unirci: adesso ci vuole lo scambio di abbracci).
Ah, dimenticavo, sono sconclusionatissima anche alla guida: non escluderei qualche esilarante colpo di scena durante il viaggio.
Per ora è tutto. Fuori nevica, il fuoco è acceso, non so ancora cosa metto in valigia e, lo confesso, non mi stupirei fosse #unterzodelnecessario.
L'avventura è vicina, ho il cuore in galoppo:  ci vediamo a Siena, per #unterzociascuno.

giovedì 21 febbraio 2013

Cashmerecolcuore su un'isola





Quest'isola è pazzesca. Non finisci di scoprirla e di scovare negli angoli più impensati, persone follemente innamorate di Lei che lavorano con grande dedizione, creano con insaziabile fantasia ed estro, conducono una vita lontana dai riflettori ma intensamente dedicata al "fare con amore". Io credo alla magia dei luoghi. Penso cioè che non è vero che tutti i luoghi sono uguali anche se, a livello macroscopico, le dinamiche sociali si somigliano. Noi siamo come piante: fioriamo e germogliamo più generosamente se collocate in un luogo con terreno fertile e buona esposizione. L'Elba è un terreno straordinario per la coltivazione dei talenti, per il fiorire delle passioni nascoste perché regala ispirazione e struggimento attraverso i suoi paesaggi o l'alternarsi accentuato, quasi violento, delle stagioni e perché è isola. Sono convinta che tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero abitare su un'isola, grande o piccola che sia. Su un'isola il confronto con il senso del limite è un quotidinao esercizio di consapevolezza che si affina attraverso una percezione di solitudine che tutto permea e che non è mancanza ma risorsa. L'isola insegna il valore del tempo che qua diventa liquido, quasi inconsistente: mentre le ore e i giorni sono scanditi dal correre delle nuvole o dal sospiro del vento, è il mare a decidere le nostre sorti e a renderci flessibili, perché quando è in collera chiude i collegamenti con la terra ferma, ci sputa in faccia il senso del limite. In un periodo in cui mi trovo con mia sorpresa a rinsaldare il mio amore per questo luogo a tratti aspro e crudo, nel suo essere vero, colleziono incontri folgoranti.
Marina Sala, la regina di quello che io definisco cashmerecolcuore, in realtà è un'amica da tempo ma solo oggi sono riuscita a entrare nel suo regno.


Entrare nel laboratorio di Marina, è stato un viaggio a ritroso nel tempo, in un'infanzia in cui esistevano ancora i laboratori artigianali, le maglierie, e mercerie piene di rocchetti  di filo colorato

  e le scatole piene di bottoni di ogni forma e misura, i manichini pieni di spilli con il metro da sarta a pendere da una spalla. E' stato emozionante respirare l'aria della passione per un mestiere e sottolineo mestiere, tramandato di madre in figlia che Marina ha saputo interpretare a suo modo, arricchendolo della sua creatività ed estro. Fin da subito mi è stato chiaro che stavamo parlando di una "chiamata" e non di un "lavoro". Ho capito cioè che Marina ha seguito le orme della madre per passione e che attorno a questo sentire si è cucita (è il caso di dirlo) un'esistenza fatta di amore per un'attività sartoriale artigianale coraggiosa, perchè nel periodo in cui tutti andavano verso l'omologazione industriale, lei ha scelto la strada del suo talento che come sempre accade fa rima con dedizione, cura e sacrificio.
Ho sempre apprezzato la sua creatività e il suo indiscusso buongusto, uniti alla scelta di filati di assoluta qualità ma mancava un tassello importante alla conoscenza del suo lavoro che è proprio il "dietro le quinte" del suo mestiere.



Penso infatti che i laboratori abbiano la capacità di parlare la lingua del cuore e della dedizione di chi si esprime "facendo" e che limitarsi a vedere il prodotto finito, nel pur suggestivo punto vendita, non renda giustizia allo sforzo completo.
Concludo con una piccola confessione: Marina non sa con quanta attenzione e gratitudine io osservassi le sue mani affusolate mentre mi parlava. Mi commuove ogni forma di condivisione, ogni occasione che le persone trovano per esprimere il proprio talento, la propria magica unicità e lei lo fa attraverso un uso consapevole ed esperto delle sue mani che, per questo, non ho smesso di ringraziare sottovoce mentre la ascoltavo.
Grazie Marina, che nel nome porti la tua vocazione isolana, grazie perché ci sei,   grazie perchè esprimi la tua ricca creatività su questo piccolo scoglio che molti conoscono per il sole e per il mare e che invece scopro ogni giorno di più, essere un vero e proprio scrigno di ricchezze e talenti umani.






mercoledì 20 febbraio 2013

Dai diari del Cernia - il viaggio

Nella  premessa dei diari del Cernia, avevo anticipato che avrei inziato il mio racconto dal senso del viaggio.

Sarà un'indagine introspettiva, per quella lente empatica che metto sulle cose e che mi aiuta a districarmi nel dedalo di strade che la vita ci srotola davanti agli occhi.
Non conosco altro metodo per conoscere, se non il sentire, il con-partecipare, il con-dividere, il vivere con-nessi.
Il primo esercizio che ho fatto iniziando la mia avventura all'Hotel Cernia, non è stata quindi quello di pensare a come gestirlo ma a come lo avrei voluto vivere io da ospite, cosa avrei voluto trovare, perché avrei dovuto sceglierlo tra tante belle strutture all'Elba e non solo (perché si sa, ormai i giochi si fanno ampi grazie a internet e la competizione, è il caso di dirlo, si fa mondiale).

Ho sempre pensato che l'ingresso dell'albergo fosse un luogo sacro, nel quale si inizia a viaggiare


Detto ciò, mi sono subito chiesta: perché viaggio? Perché scelgo di spostarmi da una casa confortevole? Cosa cerco?
Bellezza? Sicuramente aiuta, arricchisce l'animo donandogli nuova ispirazione ma del resto io vivo in un posto bello, perciò non basta.
Relax? Ne sono certa: viviamo in un frullatore ma la sfida è imparare a ricavarsi i propri spazi sempre, anche mentre lavoriamo a ritmi serrati e per farlo è utile rinsaldare la nostra capacità di vedere la bellezza nelle piccole cose, di gioire per una gentilezza, il sorriso di uno sconosciuto, una giornata di sole, un caffè con una cara amica, un bagno caldo e profumato, due candele accese e una tazza di tè. Basta poco, spesso, per crearsi le proprie condizioni di relax interiore, anche in giorni frenetici: la pace è dentro di noi, dove altrimenti?
Nuove cose da imparare? Ci puoi giurare: sono una affamata di conoscenza e ogni occasione è buona per scoprire di non sapere mai abbastanza di niente ma, a ben pensarci, incontriamo continuamente opportunità di crescita, a patto si voglia imparare da esse, sarebbe riduttivo viaggiare per cercarle.
Persone? Sembrerà strano ma è proprio questo il punto. Datemi un posto meraviglioso, un albergo fantastico, una cucina raffinata, una settimana di solo sole, mare cristallino, una natura incontaminata o cento città d'arte fenomenali ma se mancano le persone o peggio ancora se con queste non si istaura una relazione, uno scambio, un contatto umano, io scappo a gambe levate.

Credo nel valore del racconto perché accomuna persone ed esperienze collegandole in un'unica trama


Dunque, si viaggia per incontrarSi, per riconoscerSi, per fare un pezzo di strada insieme, accendere emozioni, raccontarle, tornare a casa cambiati, arricchiti da una storia umana che parla la lingua dell'esperienza condivisa. Del resto, non ho fatto mai mistero di condividere pienamente la visione del mondo del protagonista di uno dei miei film preferiti...



Personalmente ho sempre trovato utile unire le persone attraverso il "fare". Credo che più che le parole (peraltro spesso limitanti considerato che gli ospiti dell'hotel non sono solo italiani) possa la magia del creare insieme, del condividere un esperienza facendola propria, immettendo un potenziale di energia proprio che, sommato a quello altrui, crea l'unicità di un'emozione condivisa.


Da qui è nato il mio amore per le uscite in kajak e i pic nic condivisi, per i corsi di cucina, per le escursioni nelle quali insegno a riconoscere le erbe selvatiche o le uscite con i pittori che insegnano a disegnare in natura: sono tutte forme di con-partecipazione che hanno lo scopo di rendere ancora più vive e vibranti le emozioni che di per sé un'isola bella come la nostra è in grado di suscitare.
A ben pensarci, le inziative al Cernia, sono sempre state il pretesto per creare relazioni e scambi tra le persone, per lanciare piccoli invisibili ponti e individuare uno spazio nel quale fermarsi e stare, facendo a meno delle normali ritrosie e chiusure tipiche del vivere cittadino, per scoprirsi magicamente più simili nei bisogni come nelle insicurezze e quindi idealmente affratellati in un percorso disseminato di bellezza. Una volta create le occasioni di incontro, il racconto di queste esperienze diventava il filo rosso che accomunava le singole storie delle persone coinvolte in un'unica trama  che,  partendo dal Cernia o meglio dall'Elba, faceva il giro del mondo attraverso foto, twit, piccoli video ma anche attraverso i sapori in barattolo della nostra cucina emotiva. Un racconto, quindi, fatto di immagini, parole, sapori, odori, capace di coinvolgere tutti i sensi e di rendere l'emozione dell'eperienza persistente nel tempo e capace di creare "contagi virtuosi" in chi ancora non aveva viaggiato.



Si intuisce bene però che un simile disegno, non potrebbe essere portato a termine senza l'attenta e motivata partecipazione di un gruppo di collaboratori perché si sa, una nave senza equipaggio non salpa dal porto, quindi una volta capito che significato ha per me il viaggio, mi sono dovuta occupare di creare la ciurma... ma questa è un'altra storia...

martedì 19 febbraio 2013

Mafe, Luca, le soglie e la crisi

Insperato e inatteso, fortuito e benedetto mi è arrivato in regalo da Mafe "il diritto di stare male, essere egoista e di arrabbiarmi, ogni tanto, per poi accettare che possiamo migliorare tutti, anche io e che "essere se stessi" non è il traguardo, è il punto da cui partiamo tutti".
E' un regalo prezioso, che insegna il valore dell'esperienza come viatico per la conoscenza, dell'introspezione  come balzo necessario per spiccare il volo.
Un balzo che si rende indispensabile e che passa attraverso la mia capacità di tagliare un cordone ombelicale emotivo con quanto è stato, per cercare nuovi lidi e altre forme espressive. Del resto "la soglia è interpretata come un passaggio obbligato non solo perché ci è inflitto dalla vita ma anche perché decidiamo di farci carico del frangente che stiamo attraversando; decidiamo, insomma, di essere, anche se nostro malgrado, protagonisti del dramma che stiamo vivendo".
Nel farlo, saluterò questi luoghi e la mia vecchia casa festeggiando quanto più possibile con le persone e gli incontri che hanno reso importanti questi anni di crescita. A incoraggiarmi in questa direzione, un incontro folgorante con una delle tante persone che amano l'Elba silenziosamente  e profondamente e che dedicano il loro tempo, la loro creatività e le loro energie alle proprie passioni. Si tratta di Luca Polesi, maestro d'arte visionario, direi io, perché ha il raro dono di saper guardare oltre le apparenze per immaginare forme e composizioni di materiali (rigorosamente riciclati) audaci e creativi, regalando una seconda vita alle cose.


Dedicherò a Luca uno spazio più ampio nei miei racconti ma al momento sento che quest'incontro e l'emozione che mi ha suscitato, mi aiutano a ad affrontare con la giusta energia e dose di entusiasmo un saluto all'Hotel Cernia per come vorrei che fosse: pieno di amore e gratitudine per quest'isola ma onesto, senza cocci in tasca, a tratti velato della tristezza che ammanta i saluti commossi. Ci saranno eventi e incontri e persone da conoscere e passioni da condividere e soprattutto una grande e spudorata dichiarazione d'amore per l'Elba, capace di sedurre moltissime persone che con grande creatività si impegnano a restituirle bellezza attraverso le loro opere.
L'isola viaggerà con me, ovunque io sia diretta e insieme a lei, tutti gli sguardi sinceri e puliti di chi come me, la ama e ne sogna un destino migliore di quello attuale.
A Mafe de Baggis e alla sua straordinaria limpidezza di pensiero, dedico queste mie righe tumultuose, con l'impegno di fare tesoro di tutto ciò che mi ha portato fin qui perché "La crisi (...) può diventare un’occasione per cogliere l’intensità del momento e per descrivere il mondo in un modo nuovo o restare un evento senza senso, subito e non compreso. Qualcosa che non ci farà cambiare perché non saremo riusciti a raccontarlo e a leggerlo o qualcosa che ci trasformerà perché saremo riusciti ad usarne l’intensità.”
Grazie Mafe, ti aspetto.

Dai diari del Cernia - premessa

Stamattina ho bevuto un buon capuccino con un'amica che il lavoro e i piccoli crucci quotidiani mi hanno fatto trascurare nel tempo.
E' stato un ritrovarsi, facendo il punto della situazione, guardarsi allo specchio e tentare piccoli bilanci. Mi è servito. Si, quest'incontro mi ha regalato un'idea, quello di lasciare un segno del mio passaggio.
Questa è l'Elba che amo, in un giorno di "qualunque bellezza"

Lavoro all'Hotel Cernia dal 1998 e da allora, di acqua sotto i ponti ne è passata e, come spesso accade, pure rapidamente, quasi senza che me ne accorgessi. Il momento che vivo mi obbliga a una pausa, a un momento di riflessione che nel tempo non mi sono mai concessa  e credo di poterne trarre  vantaggio. Come? Cercando di capire come si è formata, nel tempo, la mia idea di ospitalità, il concetto di albergo  inteso come una piazza  (emotiva) aperta allo scambio e alla condivisione, dove sono bene accetti anche i residenti e gli ospiti di tutte le altre strutture, contrapposta a quella di hotel/villaggio  inteso come "riserva per turisti" con tanto di braccialettino colorato a amplificare il senso di appartenenza (una sorta di: "Tu sei mio e di qua non scappi" sussurrato dalle strutture che credono che fare accoglienza sia recintare un luogo fisico a mero utilizzo turistico da parte dei clienti fruitori).
In questi mesi ho in effetti capito che la scrittura ha il potere di curare, lenire, portare chiarezza negli anfratti di noi che siamo bravissimi a mantenere scuri per paura di guardarci dentro.
La scrittura sarà invece il mio faro, il mio filo rosso in un viaggio a ritroso nel tempo e nelle emozioni, che mi permetterà di comprendere il senso di quel "tanto" che in questi 15 anni è successo nella mia vita ma anche nell'azienda per cui ho lavorato con grande impegno e soddisfazione.
Prima di cominciare il mio viaggio, una precisazione: il mio approccio alla vita, prima ancora che al lavoro, è di tipo empatico. Questo significa che ogni scelta, ogni intuizione, ogni strada nuova imboccata nella precisa intenzione di realizzare attraverso l'Hotel Cernia un nuovo modello di ospitalità a tutto tondo, è nato dal semplice desiderio di dare concretezza a una serie di esigenze che io ho quando viaggio e sono in vacanza.
Filosofia di vita e di lavoro si intrecciano: mia figlia è stata parte integrante del mio viaggio al Cernia

Dall'idea della cucina emotiva legata alle storie che un territorio racconta, cosi come alla fortuna di vivere  un'isola ricca di erbe spontanee eduli, a quella delle camere poetiche, passando per le mostre d'arte, i concerti dal vivo e i pic nic al mare con gli ospiti, tutto parla la lingua del mio cuore, di quello cioè che io amo e desidero condividere e che credo sia quel valore aggiunto in grado di regalare senso (ed emozione) a un viaggio.
Nelle camere poetiche si vivono tappe importanti della mia crescita personale


Il primo passo che ho fatto inziando l'avventura all'Hotel Cernia, è stata infatti chiedermi: cosa significa viaggiare? Questo sarà l'oggetto del mio prossimo post....
Seguitemi, vi condurrò per mano dentro al mio sogno, vivremo emozioni inenarrabili, conosceremo persone preziose ovvero ospiti che si sono trasformati nei miei affetti più cari e vi mostrerò la dedizione e l'impegno di cui un gruppo di giovani collaboratori è capace se debitamente motivato a credere in un SOGNO e sullo sfondo Lei, l'oggetto del mio amore incondizionato: un'isola capace di rapirti e di sedurti con il suo sottile e persistente canto.

A presto e buona Elba a tutti! =)

lunedì 18 febbraio 2013

Per una porta che si chiude...

Traccheggio da un pò.
Veramente sono anni che lo faccio.
Non mi ricordo il giorno in cui mi sono seduta alla finestra della mia vita ad aspettare che qualcosa cambiasse ma so che mi sentivo felice nel far stare bene le persone che passavano di lì e che per molti anni ho barattato la mia (in)felicità con la gioia altrui.
Qualcuno dice "che lo fa", che è una reazione tipica, un anestetico dell'ultim'ora, un rimedio sicuro (nel breve periodo).


Poi però torna il dolore.
Spesso torna "incarognito", perché tu sei stata brava ad ignorarlo e lui ti urla in faccia che stai male e che non puoi passare il resto dei tuoi giorni cieca, sorda e muta.

Quando torna a sanguinare, la ferita ti presenta il conto di una vita e di tutte le tue latitanze. Ti dice: "Guarda che non c'eri quel giorno in cui hanno violato i tuoi confini, dove eri quando si sono presi i tuoi sogni e i tuoi spazi e cosa facevi mentre ti derubavano del tuo tempo?".

Quando realizzi che l'unica risposta possibile è: "Non lo so, mi sono persa di vista", ti senti come una madre che nella folla del mercato perde la bambina che teneva per mano e disperata cerca tra la gente, chiama, urla, si dispera... ma le persone si sono inghiottite quella bimba, che sei tu. In quel preciso istante di smarrimento, in cui tutta la strada fin qui percorsa sembra esaurirsi in un lunghissimo capogiro, ti fermi e respiri e stai, prendendoti finalmente per mano.

Non ci sono più scuse: sei sola con te stessa, con il tuo dolore ma anche con il tuo Io sacro, quello che avevi smesso di ascoltare e che ora ti si para davanti in tutto il suo muto splendore. Si, d'accordo, è un pò stropicciato il tuo IO e tu, se ti guardi allo specchio, li porti sul viso quei giorni che ti hanno solcato l'anima ma ci sei e c'è tutta la vita che batte e galoppa al ritmo del cuore e che esce in mille bagliori dal tuo sguardo.

Ci avevi creduto, eri stata brava a raccontartela. Non mi avranno mai, ripetevi,  io farò tutto in modo esemplare, penserò al bene di mia figlia, all'azienda, a che tutti possano continuare la loro esistenza tranquillamente in poltrona mentre io sarò brava a correre nel bagno e stare attenta di essermi chiusa a chiave dentro, prima di urlare la mia rabbia e la mia frustrazione. Ma un momento: non è continuare a stare alla finestra a guardare la vita passare, comportarsi così? Cioè, non è perseverare nel volere a tutti i costi sempre e comunque compiacere qualcuno, pensare di separarsi dopo 18 anni mettendosi i cocci in tasca e continuando a sorridere a tutti come se niente fosse, portando avanti una situazione che, di fatto, non è più la tua?

Bene, eccola qui la verità: ci sono cocci e dolori, difficoltà e incertezze, aspettative infrante, visioni del mondo che un giorno si separarono per seguire ognuna la sua via. Niente di nuovo nel panorama odierno e aggiungo che, per una volta, posso anche concedermi il lusso della beata e rassicurante "normalità", anche se la vorrò vivere a modo mio. Quindi la smetto di comportarmi come se niente fosse e accetto l'idea che è la mia vita tutta che sto resettando, non solo quella sentimentale che era, di fatto, legata a doppio filo a quella professionale. Accetto anche l'idea che questo comporti una separazione da una visione, un sogno di accoglienza, fatto di situazioni e persone, incontri, iniziative volti a costruire un luogo in cui prendersi cura delle persone. Del resto, sono stata presuntuosa a credere di poter avere cura degli altri senza averne per me stessa e faccio un passo indietro, torno da ME.

Tutto ciò che ho sin qui realizzato, incontrato, conosciuto, imparato, rimane il tesoro più grande che io sia stata capace ad oggi di scoprire e sarà, di fatto, parte integrante dei miei passi futuri. Benedico quindi tutti i miei giorni, quelli belli come quelli brutti, perché sono qui grazie alla loro somma.
Sarà un anno intenso, questo a venire, nel quale sarò impegnata a riscoprire il senso di quanto abbiamo fatto insieme e a salutare con gratitudine e rispetto una casa che per me ha rappresentato la più emozionante e stimolante palestra di vita che potessi sperare di incontrare.

Del resto, se ad oggi constato una difficoltà nel vedermi riconosciuto il merito di un impegno lungo 15 anni, è perché io stessa ho da imparare a "vedermi": accolgo quindi l'invito a guardare in faccia questa mia mancanza e prometto che farò del mio meglio.

martedì 12 febbraio 2013

Clandestina col mio Amore

Ho capito che una patente per l'amore non c'è e che non basta che ti sposi e che tu faccia figli, per essere "promosso a pieni voti" in amorologia, che siamo tutti scalzi sulle strade della vita e che ce la mettiamo tutta per non cadere, ci arrabattiamo con quanto abbiamo, mettiamo in atto strategie di sopravvivenza più o meno raffinate. A volte resistiamo, altre ci procuriamo rovinose cadute e trasciniamo cose e situazioni in basso con noi, più spesso mentiamo (a noi stessi in primis) e ci regaliamo generose "verità" vivendo situazioni parallele.
Io sono stata brava a mentire e a tacere.
Mentivo, quando mi convincevo che tutto andava bene.
Tacevo, quado avvertivo imperdonabili "invasioni di campo"e non le denunciavo.

Oggi penso che quelle menzogne mi hanno traghettata ai miei quasi quarant'anni e che, per come mi ero approssimativamente ricucita l'anima fin qui, avevo bisogno di credere alla "favola" che ero stata brava a raccontarmi e che alla stessa (nonostante sia orfana di lieto fine) devo il mio risveglio, la mia forza, la mia tenacia, il mio grande amore per la Vita.

Oggi penso anche che quei silenzi mi sono serviti a riconoscere i miei confini come  quelli altrui e a comprendere che c'è uno "spazio sacro" all'interno di ognuno di noi, dal cui rispetto dipendono la salute, la serenità e il "buon vivere" di ognuno. Ho capito che la vita è fatta di luoghi, volumi dell'anima direi e che nella relazione questi si creano naturalmente: ogni incontro occupa uno spazio dentro di noi, come fa un liquido quando trova uno spazio vuoto. Ho compreso anche che gli spazi non si pretendono, né si creano con la pala dei buoni propositi: lo spazio o c'è o non c'è e a poco vale il parlare sbandieranno buone intenzioni e ottimi auspici, perchè non dipende dalla volontà ma dalla capacità (intesa come dimensione appunto) del tuo cuore. Non basta sentirsi innamorati (di un progetto come di una persona, per intendersi) per essere in grado di occupare uno spazio perchè, se questo  di fatto non si rende disponibile, si finisce sempre col fare il gioco della sedia (e di rimanere fatalmente in piedi mentre gli altri seggono).
Ho capito che l'amore in tutte le sue forme ha bisogno di luce, di aria, di spazio, perché come un fiume, senza un letto in cui scorrere, è acqua che dilava selvaggiamente e che può fare danni, così l'amore per un luogo che non ti è dato di sentire tuo perché ancora "occupato" ti condanna all'esilio, quasi tu fossi un amante clandestino.
Ecco, oggi ho capito che sono raminga e pure clandestina.

sabato 2 febbraio 2013

Social si ma #senzaimpegno!

Ammaliamoci di socialitudine!
Dico sul serio: non costa nulla e fa bene al cuore.
Chi mi conosce un pò lo sa: sono settimane strane per me sul versante "social", perché vivo un piccolo conflitto interiore (niente di cronico, per carità, ne uscirò viva anche a 'sto giro).
E' che, da buon sagittario scalpitante, amo molto il senso di profonda libertà che strumenti espressivi come twitter, instagram e facebook, per esempio, mi danno. Penso una cosa? la twitto. Leggo qualcosa che mi colpisce? Lo commento e lo condivido su facebook perché magari può interessare anche ai miei amici. Sto vivendo l'ennesimo momento di beatitudine a spasso per l'Elba? Quella bellezza per me è reale se condivisa, esattamente come la felicità, perciò penso ai miei amici di instagram e la fotografo.


Fin qui, le rose ma le spine? Le spine sono gli utilizzi altri che vengono fatti e che, mi rendo perfettamente conto, hanno sicuramente la loro ragion d'essere perché fortunatamante non siamo tutti uguali ma confesso che sono lontani anni luce dai miei.
Sarò spudoratamente diretta, ignobilmente sincera, sottilmente irritante ma voglio dire quello che sento e farlo in totale buona fede perché in realtà conosco molte persone  squisite che usano i social diversamente da me e che non per questo non stimo ma non voglio che il mio affetto per loro condizioni la mia "social libertà".
In poche parole, non amo quando mi sento taggata "fuori luogo" (ma di questo ho già parlato diffusamente qui) e soprattutto quando mi si chiede ripetutamente  di commentare un post. Suggerimenti di lettura? Volentieri. Condivisione di pensieri? Avanti tutta ma sempre #senzaimpegno (da questo punto di vista concordo pienamente con Paolo) e soprattutto, scelgo io il canale di espressione: che sia un twit, una risposta diretta sul post o all'interno del blog. So anche io che rispondere all'interno del blog, permetterebbe al commento di essere goduto anche in futuro da altri lettori ma se l'istinto e il sentire del momento mi ha suggerito una risposta diretta sul post di facebook, questo è: infondo è nei patti taciti, considerato che sui social ci esprimiamo liberamente per come sentiamo, quindi non cerchiamo di indirizzare il sentire altrui, rischia di essere controproducente!
Sarà infatti il mio sentire a suggerirmi la risposta, se ne avrò una da dare e la genuinità di quanto verrà esposto nei vari post, ne determinerà il loro potenziale interesse per altre persone.
In altre parole, siamo sempre lì, credo non ci si fidi abbastanza di noi stessi, per cui usiamo i social per esprimere quello che sentiamo ma l'attimo successivo stiamo chiedendo conferme ai nostri contatti. E' come se non avessimo sufficiente confidenza con il nostro sentire, mi spiego?
La precisazione, badate bene, la sento importante proprio perché molti dei miei contatti social sono persone che stimo e alle quali voglio bene e alle quali credo di dimostrare il mio rispetto attraverso la chiarezza dei miei intenti. Personalmente non vorrei che l'affetto che le persone provano per me, le condizionasse nel loro modo di stare sui social e lo stesso penso che facciano i miei affetti con me.
Per cui, perdonatemi se sui social  sono più burbera e intransigente di quanto non vi aspettereste ma è il mio modo di onorare questo spazio, di festeggiarne le potenzialità espressive e di condividere con tutti voi il mio vero, autentico, sentire.
C'è una sola via, credetemi: che è quella dell'ascolto di sé e del rimanere fedeli alla propria natura, qualunque essa sia, perché i social non fanno che amplificare le nostre caratteristiche (non hanno proprietà magiche, per dirla tutta) per cui quanto più sinceramente in pace con voi stessi e convinti della buona fede che anima i vostri messaggi siete, quanto più questi non faticheranno a passare. In ultimo, a dirla tutta, io credo che i social siano un ottimo esercizio di autoanalisi, persino quando ci espongono al "rischio" di non essere interessanti come credevamo: anche in questa accezione possono svolgere un importante ruolo per noi (il famoso specchio che ci mette davanti alla realtà da un punto di vista diverso) ma anche per questo è importante che rimangano un canale meravigliosamente spontaneo e genuino. Pensateci ;)

venerdì 1 febbraio 2013

#unterzociascuno: non fa male a nessuno!

Mollo gli ormeggi!
Si, davvero, mi lancio in nuove avventure.
Scalpito Smaniosa  e, Sentitamente Stropicciata, Sogno Soavemente Sospirati Spazi Senesi.
Non mi sono spiegata?
Vado a Siena e lo faccio partecipando al mio primo blog tour (oddio, l'ho detto, m'è venuto tutto d'un fiato... si, ce l'ho fatta!). Si chiama #unterzociascuno (sarà mica perché le blogger sono 3?)



Posso dirla tutta?
Fino a poco tempo fa mica lo sapevo cosa fossero i blog tour.
Posso dirla ancora meglio?
Anche ora, non ho le idee molto chiare ma sono state così carine le persone che hanno pensato alla sconclusionatissima me per questa avventura che, come dire, sono felice, mi sento lusingata, certo che partecipo con piacere (che poi, quando son lì, qualcosa da questa testolina fumante uscirà, spero).
Però c'è un però e guarda caso si casca sempre lì, sul fattore P (lo so, oggi m'è presa con le iniziali: sarà un vaneggiamento pre tour). Il fattore P, per dirla in Parole Povere (ahhahaha, lo vedi? ancora con 'ste iniziali oggi) è la PERSONA, anche se, in questo caso, sono quattro.
La prima, in ordine di apparizione, è Silvia Ceriegi che ho avuto il piacere di incontrare all'Hotel Cernia, dove lavoro, in occasione di elba4kids. Hem, anche qui una precisazione: non è che io sia stata magnificamente al top della forma quel giorno, eppure, non so spiegarlo, qualcosa è "passato" e Silvia è stata in grado di leggere e di interpretare il disegno (che io in realtà chiamo visione) che regge il mio progetto di accoglienza al Cernia al punto che è stata la prima a intervistarmi dopo il "putiferio" di Tripadvisor (che per la verità ci ha fruttato uno strepitoso premio in comunicazione social a livello nazionale).



Ebbene proprio Silvia mi ha scritto alcune settimane fa chiedendomi se ero disponibile a partecipare al blogtour che mi porterà a conoscere finalmente Borgo  Grondaie  la cui accoglienza è a cura  (e qui arriviamo alla seconda P) della mia twitter-amica Amina Sabatini, con la quale ho avuto modo di cinguettare e di confrontarmi su molti temi che abbiamo in comune. Non è fare BINGO, questo? Se poi ci aggiungete che nell'avventura sarò insieme alla super blogger esperta in social media marketing  Elena Farinelli e alla  iper wedding planner Simona Cappitelli, conosciute il settembre scorso proprio all'Hotel Cernia, perché desiderose di conoscere "l'albergo più emotivo dell'Isola d'Elba", ecco che tutto torna e si capisce il perché del mio entusiasmo. Beh, con tutti 'sti "super", avrete anche capito che sarò l'outsider, quella che ci mette la faccia e l'emozione propria ma che non ha scuola... solo sentire. Mi affiderò alle mie sensazioni infatti e saranno loro a guidarmi attraverso un percorso (tutto emotivo) tra i dedali dell'affascinante città toscana. Perché si, ok, di Siena si è letto molto e sentito sempre parlare ma io sono convinta che abbia anche un gran bel cuore che proverò ad ascoltare. Come? Ve lo dico il 2 e il 3 Marzo: seguitemi!